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  1. Per un'esatta comprensione del problema posto alla mia attenzione amezzo della domanda in esame, è necessario partire da una considerazione preliminare, fondamentale per fissare il principio giuridico da applicarsi in fattispecie simili. Il Codice Civile, nella previsione di cui all'art. 1176, stabilisce che il debitore (da intendersi come il soggetto obbligato nei confronti di un altro all'esecuzione di una prestazione che può essere di dare, fare o non fare), nell'adempiere la propria obbligazione, deve sempre usare la c.d. "diligenza del buon padre di famiglia". Il legislatore, quindi, non impone al contraente un ulteriore e non qualificato dovere di diligenza ma, facendo riferimento alla figura media del buon padre di famiglia, offre così un criterio generale da utilizzarsi nella valutazione della condotta dell'obbligato nell'adempiere o nel non adempiere le obbligazioni da lui assunte. Pertanto, l'art. 1176 c.c., detta un criterio di carattere generale con il quale misurare l'adempimento o l'inadempimento dell'obbligato; mediante il parametro della diligenza, infatti, si indica in astratto la misura dell'attenzione, della cura e dello sforzo psicologico che il debitore deve adoperare per attuare le prestazioni nel modo stabilito, cioè esattamente. Il secondo comma dello stesso articolo 1176 c.c. afferma, poi, che "nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata". In tema di responsabilità del professionista, allora, il parametro della diligenza va sempre rapportato alla natura dell'attività esercitata il che significa che l'attenzione, la cura, la perizia da utilizzarsi nello svolgimento della propria attività dovranno venire sempre riferite ai caratteri salienti del tipo di attività effettivamente svolta. Ciò porta alla conseguenza che il professionista risponde dei danni successivi anche per colpa lieve, mentre è solo quando la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà che egli dovrà affrontare il pregiudizio che ne deriva, solo se ha agito con dolo o per colpa grave. Infine, ma non meno importante, occorre ricordare che il soggetto il quale agisce per far valere la responsabilità del professionista, è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e/o la sua pretesa, gravando sul professionista medesimo l'onere di dimostrare di aver agito secondo i dettami codicistici nell'espletamento dell'attività richiesta. Giuste queste brevi premesse e tornando al caso pratico, sembra che non ci siano elementi per negare la responsabilità dell'officina per le conseguenze dannose occorse a seguito dei mancati controlli. Infatti, il proprietario ha portato la vettura presso l'autoriparatore con il preciso scopo di verificarne lo stato (perchè deve affrontare un viaggio o solo per un chek up generale) il che comporta che l'obbligazione assunta dall'officina era quella di effettuare le ispezioni e le indagini necessarie per identificare le condizioni del mezzo, così da notiziare il cliente di quanto verificato. E solo successivamente, nell'ipotesi in cui si fossero ravvisati elementi da riparare e/o sostituire, una volta avvisato il proprietario e avuto dallo stesso il nulla osta alla riparazione, l'officina medesima avrebbe potuto procedere. L'indagine sull'autovettura, avrebbe dovuto essere eseguita dal professionista in applicazione ai principi sopra enunciati e, quindi, con la diligenza e la perizia richieste in relazione all'attività esercitata. Allora, è di tutta evidenza che l'aver omesso un controllo oppure l'averlo fatto, ma senza quella cura e attenzione media richiesta, comporta la colpa dell'officina e la sua responsabilità per aver riconsegnato un mezzo come efficiente quando questo non lo era. E, dunque, responsabilità civile e/o penale a secondo di quanto accaduto in seguito ma dipendente dalla negligenza del professionista o di un suo preposto. Nel caso di specie, l'officina sarà chiamata a rispondere dei danni patiti dal proprietario a titolo di colpa lieve dal momento che l'incarico affidatole non presupponeva particolari difficoltà di carattere tecnico che avrebbero comportato l'obbligazione dell'autoriparatore solo per dolo o colpa grave. In conclusione, il professionista della riparazione è chiamato ad effettuare il proprio lavoro in maniera puntuale e professionale, nell'evidenza che la responsabilità dell'efficienza del veicolo è del proprietario il quale, periodicamente, deve rivolgersi all'officina per i controlli e le manutenzioni necessarie; diventa però responsabile l'autoriparatore laddove riconsegni il mezzo senza aver riscontrato anomalie che doveva e poteva riscontrare, esponendo il cliente/proprietario alle conseguenze che la sua imperizia e negligenza potrebbero determinare.
  2. Salve a tt. Questa vettura a volte non parte,spia immobilaizer lampeggia,dtc in memoria:1128(Antenna),1176(Chiave)562 (Livello olio motore).Ho una sola chiave!
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